Attuazione dell'imposizione minima globale OCSE/G20: l'elettorato svizzero ha detto sì
Nell'ambito dell'ormai noto progetto BEPS (Base erosion and profit shifting), che ha portato diversi stati membri a modificare il proprio diritto tributario interno secondo le raccomandazioni emanate dalle organizzazioni internazionali, l'Action 1 si occupa specificamente delle sfide fiscali dall'economia digitale.
L’8 ottobre 2021 l'Inclusive Framework on BEPS, che conta attualmente 143 Stati membri, ha rilasciato una dichiarazione sulla futura imposizione dei grandi gruppi di imprese attivi a livello internazionale. Questa è stata sottoscritta da 139 stati membri, tra cui tutti gli stati dell’OCSE, del G20 e dell’UE e prevede una soluzione articolata in due pilastri:
- Il primo pilastro garantirà una distribuzione più equa degli utili e delle potestà impositive tra gli stati in relazione alle multinazionali, incluse le società digitali.
- Il secondo pilastro intende limitare la concorrenza con riferimento alle imposte sugli utili societari, introducendo un'aliquota fiscale minima globale tramite la quale gli stati potranno proteggere le proprie basi imponibili.
1. Primo pilastro: redistribuzione della potestà impositiva
Nell'ambito del primo pilastro, le potestà impositive degli stati sugli utili dei grandi gruppi di imprese internazionali altamente redditizi saranno redistribuiti dal paese di residenza a favore degli "stati di commercializzazione" (cioè quelli in cui si vendono le merci e i servizi, indipendentemente dalla presenza fisica dell'impresa). Saranno abolite le "imposte digitali" unilaterali.
Il campo di applicazione del primo pilastro interesserà i gruppi di imprese internazionali con una cifra d’affari annua di oltre 20 miliardi di euro e un margine di utile superiore al 10 per cento (utile al lordo delle imposte rispetto alla cifra d’affari). Secondo le indicazioni dell’OCSE e del G20 si tratterebbe dei circa 100 gruppi di imprese più grandi e redditizi a livello mondiale.
In concreto, gli stati di commercializzazione in cui un gruppo di imprese genera una cifra d’affari annua di almeno 1 milione di euro potranno assoggettare a imposta una quota dell’utile. Per i paesi più piccoli è prevista una soglia inferiore. La quota di utile da ripartire tra gli stati di commercializzazione è pari al 25 per cento dell’utile che supera del 10 per cento il margine di profitto (cosiddetto importo A). Al fine di garantire che l’utile assegnato agli stati di commercializzazione non sia soggetto a doppia imposizione, è probabile che gli stati di residenza delle singole unità del gruppo con rendimenti superiori alla media dovranno concedere uno sgravio corrispondente.
Per garantire la certezza del diritto ai gruppi multinazionali è prevista una particolare procedura di prevenzione delle controversie riguardante la ripartizione dell’importo A tra gli stati coinvolti e l'identificazione dei paesi tenuti a concedere lo sgravio. Inoltre, le multinazionali dovranno avere accesso ad una particolare procedura di risoluzione delle controversie, anche per questioni indirettamente connesse all’importo A.
Per l’attuazione del primo pilastro è necessario un accordo multilaterale, che dovrà essere successivamente ratificato dagli stati partecipanti.
2. Secondo pilastro: imposizione minima
Con il secondo pilastro verrà introdotta un’imposizione minima del 15 per cento, secondo una base imponibile standard a livello internazionale, per i gruppi di imprese con una cifra d’affari annua superiore a 750 milioni di euro.
La base imponibile sarà determinata secondo principi contabili riconosciuti con alcune correzioni. Se l’onere fiscale complessivo in uno stato (cosiddetto «jurisdictional blending») non dovesse raggiungere il livello d’imposizione minima del 15 per cento previsto dall’OCSE e dal G20, l’utile di tutte le unità operative in uno stato, tenendo conto di un tasso percentuale sugli investimenti materiali e sui costi salariali (cosiddetto «carve-out» o deduzione sulla sostanza), sarà soggetto a imposizione ulteriore per la differenza tra l’onere fiscale effettivo e l’imposizione minima richiesta. Gli utili prodotti da certi attivi potranno ancora essere assoggettati ad imposizione inferiore al 15 per cento. L’imposizione aggiuntiva è applicata dallo stato in cui ha sede la capogruppo o eventualmente quello di una società intermedia (cosiddetta «Income Inclusion Rule», IIR). Se tale stato non avesse introdotto l’IIR, l’imposizione verrà applicata in via sussidiaria dagli stati di residenza delle altre società figlie appartenenti al gruppo multinazionale, mediante disconoscimento di detrazioni o provvedimenti simili (cosiddetta «Undertaxed Payments Rule», UTPR). L’OCSE e il G20 consentono tuttavia anche allo stato della fonte di tassare in modo indipendente la differenza rispetto all’imposizione minima (cosiddetta «Qualified Domestic Minimum Top-Up Tax», imposta integrativa nazionale) Tale imposta integrativa nazionale ha la priorità rispetto all’IIR e all’UTPR.
Il secondo pilastro non rappresenta uno standard minimo, nel senso che gli stati non sono tenuti né politicamente, né giuridicamente ad implementare le norme sull’imposizione minima. Qualora decidessero di recepirle nel diritto interno, i paesi dovrebbero attenersi alle regole e alle linee guida dell’OCSE e del G20 secondo la dichiarazione ufficiale dell’8 ottobre 2021 e riconoscere l’applicazione di tali regole da parte di altri stati.
Il 20 dicembre 2021 l'OCSE ha pubblicato un rapporto che delinea l'ambito di applicazione e stabilisce le regole operative e le definizioni del secondo pilastro. Queste ultime dovranno essere implementate secondo un approccio comune e dovranno essere introdotte nelle normative interne a partire dal 2022.
Il 14 marzo 2022 è stata pubblicata la prima edizione del Commentario alle regole del secondo pilastro. Il documento chiarisce i risultati attesi da queste norme, precisa il significato di alcuni termini e illustra le modalità di applicazione delle regole a determinate fattispecie.
Il 2 febbraio 2023, l'OCSE ha pubblicato l'Agreed Administrative Guidance for the Pillar Two Globe Rules (Guida amministrativa concordata per le regole del secondo pilastro), che garantirà risultati coordinati e maggiore certezza per le imprese nel momento in cui si applicheranno le norme sull'imposizione minima a partire dall'inizio del 2024. L'Agreed Administrative Guidance sarà incluso in una versione rivista del Commentario che sarà pubblicata nel corso del 2023, sostituendo la versione originale del Commentario pubblicata nel marzo 2022. L'Inclusive Framework continuerà a pubblicare regolarmente linee guida in tal senso, in modo da garantire che le regole continuino a essere implementate e applicate in modo coordinato tra gli stati.
Il secondo pilastro dell’OCSE e del G20 contiene inoltre una disposizione sull’assoggettamento all’imposta («Subject to Tax Rule»), che dovrà essere inserita nelle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni (CDI) in materia di imposte sul reddito con i paesi in via di sviluppo. In futuro, tali paesi potranno applicare un’imposta alla fonte ridotta su interessi, royalties e altri specifici pagamenti qualora in un altro stato tali flussi reddituali siano soggetti a un’imposizione nominale inferiore al 9 per cento. Si prevede che le relative CDI saranno modificate e ratificate in via bilaterale ovvero tramite uno strumento multilaterale.
3. L'attuazione in Svizzera
La Svizzera ha tradizionalmente preferito soluzioni a lungo termine basate sul consenso multilaterale ad un approccio fatto di singole misure nazionali frammentarie.
A tal proposito la Svizzera si è impegnata a stabilire regole volte a favorire l'innovazione e la prosperità, in modo globalmente uniforme e un meccanismo di risoluzione delle controversie. L'obiettivo è garantire la certezza del diritto per le imprese multinazionali cui si applicano queste norme.
Alla luce delle sfide poste in capo alla Svizzera dal progetto OCSE/G20 sull'imposizione dell'economia digitale, a gennaio 2022 il Consiglio federale ha annunciato la propria intenzione di attuare il progetto in più fasi.
Tale decisione è stata confermata l'11 marzo 2022.
Considerando, da un lato, che dalla tassazione minima prevista dall'OCSE e dal G20 deriva un trattamento fiscale diverso tra le imprese interessate e quelle non interessate dal progetto, violando così il principio costituzionale di uguaglianza, e considerando, dall'altro, l'urgenza di far entrare in vigore queste regole necessariamente dal 1° gennaio 2024, il Consiglio federale ha proposto di modificare la Costituzione federale e di essere autorizzato a disciplinare l'imposizione minima tramite ordinanza temporanea, la quale sarà successivamente sostituita da una legge federale di approvazione parlamentare quando sarà fatta sufficiente chiarezza sull'applicazione degli standard internazionali.
Il 22 giugno 2022, il Consiglio federale ha pubblicato il Messaggio relativo al decreto federale concernente un’imposizione speciale dei grandi gruppi di imprese , in cui il contenuto del progetto è stato specificato come segue.
Con riferimento al primo pilastro, i lavori a livello OCSE e G20 sono ancora in fase di prosecuzione. Attesa la necessità di addivenire a un accordo multilaterale, che dovrà successivamente essere ratificato dagli stati partecipanti, il Consiglio federale rinvia a tempo debito la propria decisione sulla sua attuazione.
In relazione al secondo pilastro, il Consiglio federale riferisce che molti stati, compresi quelli dell'UE, implementeranno le regole sull'imposizione minima nel proprio diritto interno. Di conseguenza, il gruppo multinazionale non assoggettato a tale imposizione minima in uno stato, come ad esempio la Svizzera, finirà per pagare imposte più elevate negli altri paesi ove sono localizzate le altre entità societarie. Di conseguenza, il mancato adeguamento della Svizzera a tali istanze internazionali, comporterà l'applicazione del prelievo fiscale da parte degli altri stati sulla differenza di aliquota fino al 15 per cento. Ciò impatterebbe sull'attrattiva della Svizzera come meta di investimenti, in quanto le multinazionali aventi sede in paesi a fiscalità più elevata sarebbero esposte a costi amministrativi e oneri fiscali superiori, che le disincentiverebbe così a operare o investire in Svizzera.
Le nuove regole sull'imposizione minima avranno, inoltre, effetti diretti sulla maggior parte dei cantoni, inclusi quelli con aliquote fiscali nominali superiori al 15 per cento. Infatti, le norme cantonali speciali che consentono di assoggettare a imposta inferiore gli utili derivanti da brevetti o diritti simili (patent box) potrebbero ridurre l'aliquota effettiva a un livello compreso tra il 10 e il 12 per cento. Questo non soddisfa le condizioni dell'imposizione minima. Inoltre, gli utili imponibili secondo il secondo pilastro sono determinati secondo regole internazionali comuni, che però divergono in modo significativo dalle norme fiscali interne degli stati, inclusa la Svizzera.
La Svizzera non può impedire che le multinazionali operanti sul proprio territorio siano assoggettate a un'imposta superiore negli altri stati. Di conseguenza, per tutelare i propri interessi di politica economica e fiscale, deve necessariamente adattare il proprio sistema fiscale alla nuova realtà, garantendo che i gruppi societari operanti nella Confederazione siano soggetti a tale imposizione minima. Il mancato adeguamento comporterebbe per la Svizzera una perdita di competitività e una significativa riduzione di entrate fiscali. Le multinazionali, infatti, continuerebbero ad essere assoggettate ad imposte superiori, ma l'ulteriore gettito finirebbe nelle casse degli altri paesi.
Il 16 dicembre 2022, il Parlamento federale svizzero ha emanato il Decreto federale concernente un’imposizione speciale dei grandi gruppi di imprese per l'attuazione del progetto OCSE/G20. In esso è prevista l'introduzione del nuovo articolo 129a nella Costituzione federale, che costituisce il fondamento giuridico per l'implementazione dei due pilastri del progetto OCSE/G20 nel diritto interno svizzero, come anche delle disposizioni transitorie contenute nel paragrafo 15 dell'articolo 197 della Costituzione federale e dell'ordinanza provvisoria sull'imposizione minima che dovrà essere emanata dal Consiglio federale.
Per quanto concerne il primo pilastro, la Svizzera avrà quindi la base legale per la futura introduzione delle regole sull'imposizione nello stato di commercializzazione. Tuttavia, né il Consiglio federale né il Parlamento federale hanno ancora deciso se e quando la Svizzera aderirà a un futuro accordo internazionale, attuando così tale regime impositivo.
Con riferimento al secondo pilastro, la Svizzera potrà introdurre l'imposizione minima già dal 2024. Pur essendo concepita nella forma di un'imposta diretta, la Costituzione federale rimanda al legislatore la scelta di concepirla sotto forma di prelievo federale o cantonale. Nell'ambito della disposizione transitoria, il Consiglio federale ha proposto l'introduzione di un'imposta federale.
Il 18 giugno 2023 il popolo svizzero ha approvato con una maggioranza del 78,45 per cento l'attuazione del progetto OCSE/G20.
Secondo gli standard OCSE, il Consiglio federale può adesso procedere all'introduzione di un'imposta complementare comprendente la "Qualified Domestic Minimum Top-Up Tax", l'IIR e l'UTPR, secondo le regole del secondo pilastro.
Malgrado la suddetta approvazione a larga maggioranza da parte dell'elettorato, è importante notare che i dibattiti politici precedenti il voto si sono principalmente focalizzati sull'esigenza della Svizzera di non perdere attrattività e sull'adeguata ripartizione dell'ulteriore gettito fiscale tra la Confederazione e i Cantoni (25 e 75 per cento, rispettivamente). Non è stata, invece, rivolta particolare attenzione al fatto che queste sono nuove regole stabilite da organizzazioni internazionali, non già dai parlamenti nazionali, imposte attraverso pressioni politiche e che finiscono per minare la concorrenza fiscale "fair" e la libertà di ciascuno stato di dotarsi democraticamente del proprio sistema fiscale ritenuto adeguato.
Per adeguarsi agli standard OCSE, la formulazione del nuovo articolo 129a della Costituzione federale consente ora al legislatore federale di emanare disposizioni legislative che possono persino derogare a diversi principi costituzionali, ma che non possono essere disattesi.
In particolare, la Confederazione può derogare ai principi di generalità e uniformità dell'imposizione fiscale, nonché al principio dell'imposizione secondo la capacità economica sancito dall'articolo 127, capoverso 2, della Costituzione federale. Questi principi non sono semplici disposizioni costituzionali, ma diritti fondamentali, che in materia tributaria attuano il principio di uguaglianza di cui all'articolo 8 della Costituzione federale.
La soglia minima di 750 milioni di euro di cifra d'affari totale annua, che segna l'ambito di applicazione dell'imposizione minima e che di fatto prende di mira specifici gruppi multinazionali, assoggetta questi ultimi a una tassazione supplementare che non si applica ad altre società. Questo diverso trattamento non può essere giustificato dal fatto che il progetto OCSE/G20 prevede un livello di imposizione diverso dei gruppi societari e delle loro unità in base al loro fatturato e alla loro redditività.
Da ultimo, si consente di derogare all'articolo 128, capoverso 1, della Costituzione federale, che fissa l'aliquota dell'imposta federale diretta per le persone giuridiche a un massimo dell'8,5 per cento, come anche al secondo periodo del capoverso 2 dell'articolo 129 della Costituzione federale che, nell'ambito delle competenze affidate alla Confederazione in materia di armonizzazione delle imposte dirette federali, cantonali e comunali, esclude espressamente da tale armonizzazione le tariffe, le aliquote fiscali e gli importi esenti da imposta. Si tratta di questioni riservate alla sovranità di ciascun Cantone, che restano al di fuori di qualsiasi interferenza da parte del legislatore federale.